cs 266 Ne vale la pena? Il dialogo oltre la condanna

Martedì 13 novembre, ore 20.45, Collegio universitario Gregorianum - Padova

Ne vale la pena? Il dialogo oltre la condanna è il tema dell’incontro organizzato martedì 13 novembre, alle ore 20.45, dal Collegio universitario Gregorianum in collaborazione con l’Associazione ex Allievi (AAG onlus). L’appuntamento è al Collegio Gregorianum, via Marcel Proust 10 a Padova.

Sullo sfondo l’eterno interrogativo sul “perché si punisce?” che allarga la dimensione di quello più religioso di “chi sono io per punire?”.

Se ne parlerà con Elvio Fassone (già magistrato di Cassazione; è stato membro del CSM, presidente della Corte d’Assise e Senatore della Repubblica Italiana per due mandati) che ha avviato un irrituale dialogo epistolare, durato 26 anni, con Salvatore, pluriomicida boss della mafia catanese, allora ventottenne, che il giudice aveva condannato all’ergastolo al maxiprocesso che si svolse a Torino nel 1985. Da quell’esperienza è nato il libro “Fine pena: ora, Sellerio, Palermo, 2015. Introduce don Giulio Osto.

 

Dalla presentazione del libro:

Una corrispondenza durata 26 anni tra un ergastolano e il suo giudice. Nemmeno tra due amanti, ammette l’autore, è pensabile uno scambio di lettere così lungo. Questo non è un romanzo di invenzione, ma una storia vera. Nel 1985 a Torino si celebra un maxi processo alla mafia catanese; il processo dura quasi due anni, tra i condannati all’ergastolo Salvatore, uno dei capi a dispetto dei suoi 28 anni, con il quale il presidente della Corte d’Assise ha stabilito un rapporto di reciproco rispetto e quasi – la parola non sembri inappropriata – di fiducia. Il giorno dopo la sentenza il giudice gli scrive d’impulso e gli manda un libro. Ripensa a quei due anni, risente la voce di Salvatore che gli ricorda, «se io nascevo dove è nato suo figlio adesso era lui nella gabbia». Non è pentimento per la condanna inflitta, né solidarietà, ma un gesto di umanità per non abbandonare un uomo che dovrà passare in carcere il resto della sua vita. La legge è stata applicata, ma questo non impedisce al giudice di interrogarsi sul senso della pena. E non astrattamente, ma nel colloquio continuo con un condannato. Ventisei anni trascorsi da Salvatore tra la voglia di emanciparsi attraverso lo studio, i corsi, il lavoro in carcere e momenti di sconforto, soprattutto quando le nuove norme rendono il carcere durissimo con il regime del 41 bis. La corrispondenza continua, con cadenza regolare caro presidente, caro Salvatore. Il giudice nel frattempo è stato eletto al CSM, è diventato senatore, è andato in pensione…

 

Padova, 11 novembre 2018

CS 266/2018