TECNOLOGIE CONVERGENTI

Nanotecnologie, scienze informatiche, neuroscienze, genetica e bio-banche si riferiscono a specifiche discipline scientifiche e relative tecnologie che sicuramente affascinano la nostra immaginazione, ma che destano in noi anche timori e perplessità. Pensiamo alle loro immense potenzialità in tutti i campi ma soprattutto alle possibili applicazioni nel campo della diagnosi, terapia e sperimentazione sanitaria. Ciascuna di loro, ma soprattutto un uso integrato di esse, comporta delle inevitabili implicazioni di ordine etico che coinvolgono gli operatori sanitari, gli amministratori della sanità, la popolazione intera.
Su questo tema di non facile approccio, neanche da parte degli addetti ai lavori, e ancora poco esplorato almeno a livello italiano, martedì 2 dicembre, nella sede della Fondazione Lanza, si è svolto un Workshop dal titolo “Tecnologie emergenti ed etica: quale integrazione e gestione nelle politiche sanitarie?”.
L’iniziativa ha voluto introdurre la sfida raccolta dal gruppo di ricerca, “Tecnologie emergenti ed Etica: progetto di monitoraggio integrato per la salute della popolazione”, promosso dalla Fondazione Lanza con il contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e in collaborazione con l’Università di Padova, in merito alla necessità di portare avanti una riflessione interdisciplinare e a vari livelli, con l’obiettivo di individuare le problematiche etiche derivanti dall’uso e dall’integrazione delle cosiddette “tecnologie emergenti/convergenti” in campo sanitario.
 
Hanno aperto i lavori don Renzo Pegoraro, direttore scientifico della Fondazione Lanza e il prof. Lorenzo Simonato, docente di organizzazione sanitaria ed epidemiologo dell’Università di Padova.
 
Simonato ha sottolineato come la rapida evoluzione delle tecnologie relative alla raccolta dei dati in ambito sanitario abbia fatto sì che la mole dei dati relativi ad ogni individuo e/o popolazione sia cresciuta in maniera esponenziale. In poche parole, ognuno di noi, durante la propria vita, tutte le volte che incrocia il Sistema Sanitario Nazionale (un ricovero ospedaliero, una prescrizione del medico di famiglia, una visita al pronto soccorso, ecc.), lascia dietro di sé una traccia digitale. Di fatto ci sono tante informazioni, sanitarie e non sanitarie, riguardanti gli individui e la collettività, che non “dialogano” tra di loro, ma che convergendo permetterebbero di “ricostruire” l’individuo e le sue condizioni di salute, aiutando a definire meglio le priorità e la distribuzione delle risorse delle stesse politiche sanitarie. Tale frammentazione, dovuta al tradizionale approccio medico-scientifico di tipo specialistico e anche a una tendenza al personalismo di ogni settore di indagine, comporta un enorme dispendio di energie, di spazio, di risorse e, soprattutto, non permette di conoscere globalmente il soggetto/oggetto della ricerca e della pratica medica: l’individuo e la sua salute.
Grazie alla convergenza delle scienze informatiche, della genetica, delle nanotecnologie, noi, oggi, possediamo gli strumenti per poter raccogliere tutti questi dati e analizzarli, incrociandoli e valutandoli in interazione con l’ambiente o con fattori sociali che possono avere importanti impatti sulla salute dell’individuo e della comunità.
 
A dimostrazione di come tutto ciò sia però possibile e di quali possano essere i vantaggi di una gestione integrata di dati ”ricostruiti”, il prof. Ronan Lyons, esperto di Sanità pubblica e docente presso lo Swansea University in Galles, ha raccontato come nel Regno Unito, già da qualche anno, siano stati finanziati e implementati dei progetti di record linkage grazie ai quali non solo vengono raccolti, integrati e studiati i dati derivanti dalle informazioni individuali di tipo sanitario ma questi possano a loro volta venire incrociati anche con dati non-medici per studiare l’impatto di certe attività (presenza di licenze per alcolici e incidenza di patologie legate all’alcolismo) o situazioni ambientali (progetti di ristrutturazione edilizia e minore incidenza di particolari patologie rispetto al passato). Innumerevoli sono le possibili applicazioni e importantissime le ricadute in termini epidemiologici e di prevenzione di queste analisi, sia sincroniche che diacroniche, in campo di salute pubblica. Le neuroscienze ci permettono di comprendere i meccanismi del rapporto biologico-culturale nell’individuo e nella sua interazione con l’ambiente sociale e naturale. Il prof. Ivan  Colagè di Roma ha illustrato tali tematiche, che hanno implicazioni sempre più rilevanti per la salute umana.
 
Sentiamo sempre più spesso parlare di nanomedicina, di terapie bersaglio, di chirurgia non invasiva guidata da computer e micro-robot, di medicina on-line: la dott.ssa Viviana Daloiso, ricercatrice di Bioetica presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma, dopo aver fatto una panoramica delle varie definizioni delle nanotecnologie e sulle possibili applicazioni in campo diagnostico-terapeutico, ha concluso la sua relazione sottolineando che le problematiche etiche relative a queste tecnologie appaiono essere di varia natura dal momento che non sono ancora note né tutte le possibili applicazioni in medicina né i possibili rischi alla salute. Il campo delle “visioni” che attengono alle nanotecnologie è talmente ampio che gli stessi scienziati, in corso di sperimentazione, vengono spesso sorpresi da risultati e/o sinergie inattese.
 
A chiudere il cerchio di questo incontro è stata la dott.ssa Laura Palazzani, docente di filosofia del diritto, vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica e membro dell’European Group on Ethics and New Technologies, la quale ha ricordato i passi intrapresi dall’Unione europea sul tema della “tecnologie emergenti/convergenti ed etica”.
Di fronte agli innegabili vantaggi e a tutte le possibili conseguenze che l’uso sinergico e convergente delle nuove tecnologie può portare allo studio delle malattie, alla loro prevenzione e alla loro cura, si devono tener presenti le rilevanti questioni di natura etica sulle quali ferve il dibattito e che riguardano, in primis, la privacy dell’individuo, il dovere/diritto al consenso informato, il diritto a conoscere i risultati di indagini eseguiti su campioni/dati, comunque di proprietà dell’individuo, e il cosiddetto “diritto all’oblio”, cioè la possibilità di cancellare alcuni propri dati personali.
 
È proprio questa la sfida alla quale il progetto padovano vuole dare il suo contributo: cercare di aiutare l’innovazione tecnologica a comunicare e a muoversi secondo delle indicazioni etiche ragionate e aperte al progresso per le quali le esperienze in atto a livello locale saranno il referente privilegiato, coinvolgendo le ULSS 16 di Padova e di ULSS 18 di Rovigo.
L’etica non vuole rincorrere questi sviluppi tecnologici, ma vuole accompagnarli per una reale e fruttuosa convergenza-integrazione, considerando i valori e i problemi collegati a tutto ciò, in modo da stimolare le responsabilità scientifiche, sociali e politiche di tutti coloro coinvolti nell’ambito sanitario.
 
Lucia Mariani, Fondazione Lanza


CS 275/2014
Padova, 5 dicembre 2014

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