1. Accogliere il Natale di Cristo
Domenica 30 novembre entriamo nel tempo dell’Avvento, tempo di grazia che ci sollecita a preparare e accogliere, anzitutto nei nostri cuori, il Natale di Cristo.
Il Natale è una festa molto sentita. Ma nella società attuale, ora gravata da una persistente crisi economica, è serio il rischio che vada perduto il vero senso della festa. Una visione della vita appiattita sulla dimensione materiale, economica, ludica, sulla ricerca del benessere psico-fisico, il torpore e l’apatia spirituale, sono vari fattori che hanno fatto perdere il contatto vivo con le realtà della fede cristiana e, appunto, il senso vero del Natale di Cristo. Ma che Natale è se manca Cristo? In un contesto socio-culturale che tende a occultare il vero Natale, siamo perciò provocati a riscoprire l’originalità, la profondità di senso, la bellezza della fede nel Natale di Cristo. Non lasciamoci rubare il Natale di Cristo; manteniamolo vivo per noi e per i viandanti sperduti nel deserto della vita che cercano una stella.
Nel Natale di Cristo, Dio e l’uomo, eternità e storia, si incontrano per sempre. Dio è venuto e viene a cercare l’uomo, pecorella smarrita, per riportarlo alla sua dignità e a nuova vita: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo» (Credo). Noi, d’altra parte, abbiamo bisogno di accogliere Dio per trovare senso pieno alla nostra vita, per uscire dalla radicale frustrazione di fronte al male e alla morte, godere pace e speranza.
Per realizzare questo incontro, occorre che rientriamo in noi stessi, uscendo dalla dispersione, dalle dipendenze dalle droghe e dalle sirene che ci tolgono la libertà, e dalle paure che ci bloccano. Occorre osare un nuovo inizio.
Gesù Cristo sta alla porta del nostro cuore e bussa discretamente; non lasciamolo fuori, facciamolo entrare. Accendiamo nel nostro intimo la lampada della preghiera, diamoci tempo e spazio per l’ascolto e l’invocazione di Dio, cerchiamo il suo volto. Mettiamo un limite alle chiacchiere inconsistenti e all’eccesso di curiosità, per ascoltare, nel silenzio dell’anima, la Parola di vita eterna.
Con l’Avvento inizia un nuovo Anno liturgico. Invito a riscoprire e attingere alla sorgente della Liturgia l’acqua viva per la nostra sete. I riti liturgico-sacramentali non sono ritualismi esteriori, ma canali che ci fanno giungere l’acqua viva che purifica, risana, eleva, infonde linfa e vigore divino alla nostra esistenza. Occorre superare il distacco tra “sacro” e “profano”. Il “sacro”, la Liturgia, non va disgiunto dal “profano”, perché costituisce la sorgente di senso per la vita e le attività terrene; non separa la nostra vita dal mondo, ma neppure la dirige e la include solo nel mondo, ma verso Dio, verso l’Infinito della vita oltre la morte.
Nel percorso dell’iniziazione cristiana che si è intrapreso, cerchiamo di educare alla partecipazione liturgica, specialmente all’Eucaristia domenicale.
Incoraggio, altresì, quella bella esperienza che sono i “centri di ascolto” nella famiglia “chiesa domestica”, dove genitori e figli insieme leggono la Parola di Dio, la meditano, la rendono viva al contatto con la vita, la pregano.
Nell’Avvento è riproposta l’iniziativa di “un attimo di pace”, che offre ogni giorno un breve e succoso commento alla Parola di Dio. Sono raggi di luce che illuminano e riscaldano l’anima; accogliamoli. La fede che ispira la cultura e l’arte ha inventato il presepio in forme classiche ma anche nuove e creative. Incoraggio vivamente questa iniziativa.
2. Accogliere Cristo nei poveri e sofferenti
Il Natale di Cristo non ha significato e valore solo per la singola persona, ma ha pure una valenza universale e cosmica, è sorgente divino-umana e forza propulsiva di un rinnovamento profondo della società. Certo, Gesù Cristo ha rifiutato di assumere il potere politico, non ha proposto una dottrina di ordine economico, ma ha fondato e reso possibile un ordine spirituale e morale che è presupposto per un retto ordine sociale, donando la grazia di vincere il male, che frustra i più nobili progetti umani. Per questo abbiamo più che mai bisogno di accogliere il Natale di Cristo. Infatti, insieme alla grave crisi economica e come sua causa profonda, è riscontrabile la grave crisi che ha intaccato il capitale di bene sociale, cioè i beni di natura spirituale e morale che ispirano e reggono il sistema normativo e i comportamenti delle istituzioni e della convivenza civile. Quando nella società - che è come un corpo - allignano l’egoismo, la corruzione, la malvagità, l’ingiustizia, la violenza, e vengono meno il senso del bene comune, l’amore e la solidarietà, la fiducia reciproca e la speranza, si vive male anche se si è benestanti. Non si è felici da soli perché siamo fatti di relazione e apparteniamo a un corpo sociale.
Non è facile uscire da questa crisi; per questo abbiamo bisogno di profeti e di testimoni coraggiosi. Ed ecco che la grazia del Natale di Cristo ci dona una sorgente di luce e di forza. Nei testi biblici del Natale leggiamo queste parole dl profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1). È una luce che brilla in questo mondo, ma proviene dal cielo di Dio. Questa luce è la sapienza, dono dello Spirito. Invochiamola: «O Sapienza che esci dall’Altissimo e tutto disponi con forza e dolcezza: vieni e insegnaci la via della vita» (canto al Vangelo della messa del 17 dicembre).
In questo grave momento è più che mai compito e responsabilità dei cristiani di essere «cittadini degni del Vangelo» (Fil 1,27), testimoni di giustizia e di onestà, di fedeltà ai propri doveri, di leale collaborazione al bene comune, operatori di pace. Lo specifico del cristianesimo, la legge fondamentale del Vangelo è la carità, l’amore oblativo e disinteressato al prossimo. Incoraggio a vivere e testimoniare la carità nelle relazioni interpersonali e nelle forme organizzate della Caritas.
Gesù è nato in una grotta perché «per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).
La celebrazione del Natale di Cristo, per essere vera, dev’essere accoglienza del prossimo, avendo cura in particolare dei poveri, degli emarginati, dei migranti e dei profughi, dei sofferenti nel corpo e nello spirito, perché Cristo si è identificato col povero e col forestiero. In un’epoca di globalizzazione occorre allargare lo sguardo oltre i campanili e gli interessi particolari per un’accoglienza saggia, generosa e rispettosa della dignità di ogni persona.
La Caritas diocesana, in collaborazione con altri Uffici diocesani e l’Azione cattolica, ha pubblicato il sussidio “Accogliere”, contenente suggerimenti e proposte importanti per vivere l’Avvento nel segno della carità. Vi invito a valorizzarlo.
Accogliamo, dunque, con fiducia la grazia dell’Avvento per celebrare con fede e amore il Natale di Cristo. Ne riceveremo luce, speranza, pace, gioia del cuore.
+ Antonio Mattiazzo, vescovo
30 novembre 2014
Domenica 30 novembre entriamo nel tempo dell’Avvento, tempo di grazia che ci sollecita a preparare e accogliere, anzitutto nei nostri cuori, il Natale di Cristo.
Il Natale è una festa molto sentita. Ma nella società attuale, ora gravata da una persistente crisi economica, è serio il rischio che vada perduto il vero senso della festa. Una visione della vita appiattita sulla dimensione materiale, economica, ludica, sulla ricerca del benessere psico-fisico, il torpore e l’apatia spirituale, sono vari fattori che hanno fatto perdere il contatto vivo con le realtà della fede cristiana e, appunto, il senso vero del Natale di Cristo. Ma che Natale è se manca Cristo? In un contesto socio-culturale che tende a occultare il vero Natale, siamo perciò provocati a riscoprire l’originalità, la profondità di senso, la bellezza della fede nel Natale di Cristo. Non lasciamoci rubare il Natale di Cristo; manteniamolo vivo per noi e per i viandanti sperduti nel deserto della vita che cercano una stella.
Nel Natale di Cristo, Dio e l’uomo, eternità e storia, si incontrano per sempre. Dio è venuto e viene a cercare l’uomo, pecorella smarrita, per riportarlo alla sua dignità e a nuova vita: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo» (Credo). Noi, d’altra parte, abbiamo bisogno di accogliere Dio per trovare senso pieno alla nostra vita, per uscire dalla radicale frustrazione di fronte al male e alla morte, godere pace e speranza.
Per realizzare questo incontro, occorre che rientriamo in noi stessi, uscendo dalla dispersione, dalle dipendenze dalle droghe e dalle sirene che ci tolgono la libertà, e dalle paure che ci bloccano. Occorre osare un nuovo inizio.
Gesù Cristo sta alla porta del nostro cuore e bussa discretamente; non lasciamolo fuori, facciamolo entrare. Accendiamo nel nostro intimo la lampada della preghiera, diamoci tempo e spazio per l’ascolto e l’invocazione di Dio, cerchiamo il suo volto. Mettiamo un limite alle chiacchiere inconsistenti e all’eccesso di curiosità, per ascoltare, nel silenzio dell’anima, la Parola di vita eterna.
Con l’Avvento inizia un nuovo Anno liturgico. Invito a riscoprire e attingere alla sorgente della Liturgia l’acqua viva per la nostra sete. I riti liturgico-sacramentali non sono ritualismi esteriori, ma canali che ci fanno giungere l’acqua viva che purifica, risana, eleva, infonde linfa e vigore divino alla nostra esistenza. Occorre superare il distacco tra “sacro” e “profano”. Il “sacro”, la Liturgia, non va disgiunto dal “profano”, perché costituisce la sorgente di senso per la vita e le attività terrene; non separa la nostra vita dal mondo, ma neppure la dirige e la include solo nel mondo, ma verso Dio, verso l’Infinito della vita oltre la morte.
Nel percorso dell’iniziazione cristiana che si è intrapreso, cerchiamo di educare alla partecipazione liturgica, specialmente all’Eucaristia domenicale.
Incoraggio, altresì, quella bella esperienza che sono i “centri di ascolto” nella famiglia “chiesa domestica”, dove genitori e figli insieme leggono la Parola di Dio, la meditano, la rendono viva al contatto con la vita, la pregano.
Nell’Avvento è riproposta l’iniziativa di “un attimo di pace”, che offre ogni giorno un breve e succoso commento alla Parola di Dio. Sono raggi di luce che illuminano e riscaldano l’anima; accogliamoli. La fede che ispira la cultura e l’arte ha inventato il presepio in forme classiche ma anche nuove e creative. Incoraggio vivamente questa iniziativa.
2. Accogliere Cristo nei poveri e sofferenti
Il Natale di Cristo non ha significato e valore solo per la singola persona, ma ha pure una valenza universale e cosmica, è sorgente divino-umana e forza propulsiva di un rinnovamento profondo della società. Certo, Gesù Cristo ha rifiutato di assumere il potere politico, non ha proposto una dottrina di ordine economico, ma ha fondato e reso possibile un ordine spirituale e morale che è presupposto per un retto ordine sociale, donando la grazia di vincere il male, che frustra i più nobili progetti umani. Per questo abbiamo più che mai bisogno di accogliere il Natale di Cristo. Infatti, insieme alla grave crisi economica e come sua causa profonda, è riscontrabile la grave crisi che ha intaccato il capitale di bene sociale, cioè i beni di natura spirituale e morale che ispirano e reggono il sistema normativo e i comportamenti delle istituzioni e della convivenza civile. Quando nella società - che è come un corpo - allignano l’egoismo, la corruzione, la malvagità, l’ingiustizia, la violenza, e vengono meno il senso del bene comune, l’amore e la solidarietà, la fiducia reciproca e la speranza, si vive male anche se si è benestanti. Non si è felici da soli perché siamo fatti di relazione e apparteniamo a un corpo sociale.
Non è facile uscire da questa crisi; per questo abbiamo bisogno di profeti e di testimoni coraggiosi. Ed ecco che la grazia del Natale di Cristo ci dona una sorgente di luce e di forza. Nei testi biblici del Natale leggiamo queste parole dl profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1). È una luce che brilla in questo mondo, ma proviene dal cielo di Dio. Questa luce è la sapienza, dono dello Spirito. Invochiamola: «O Sapienza che esci dall’Altissimo e tutto disponi con forza e dolcezza: vieni e insegnaci la via della vita» (canto al Vangelo della messa del 17 dicembre).
In questo grave momento è più che mai compito e responsabilità dei cristiani di essere «cittadini degni del Vangelo» (Fil 1,27), testimoni di giustizia e di onestà, di fedeltà ai propri doveri, di leale collaborazione al bene comune, operatori di pace. Lo specifico del cristianesimo, la legge fondamentale del Vangelo è la carità, l’amore oblativo e disinteressato al prossimo. Incoraggio a vivere e testimoniare la carità nelle relazioni interpersonali e nelle forme organizzate della Caritas.
Gesù è nato in una grotta perché «per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).
La celebrazione del Natale di Cristo, per essere vera, dev’essere accoglienza del prossimo, avendo cura in particolare dei poveri, degli emarginati, dei migranti e dei profughi, dei sofferenti nel corpo e nello spirito, perché Cristo si è identificato col povero e col forestiero. In un’epoca di globalizzazione occorre allargare lo sguardo oltre i campanili e gli interessi particolari per un’accoglienza saggia, generosa e rispettosa della dignità di ogni persona.
La Caritas diocesana, in collaborazione con altri Uffici diocesani e l’Azione cattolica, ha pubblicato il sussidio “Accogliere”, contenente suggerimenti e proposte importanti per vivere l’Avvento nel segno della carità. Vi invito a valorizzarlo.
Accogliamo, dunque, con fiducia la grazia dell’Avvento per celebrare con fede e amore il Natale di Cristo. Ne riceveremo luce, speranza, pace, gioia del cuore.
+ Antonio Mattiazzo, vescovo
30 novembre 2014
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