«Una situazione sostanzialmente cristallizzata che riflette il perdurare, da un decennio, di una crisi tuttora in atto, specie nelle fasce medio-basse della popolazione, sulla quale non si avverte almeno per ora alcun riflesso dei primi e peraltro timidi segnali di uscita». Esordisce così, il quinto Report realizzato dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas diocesana di Padova, relativo all’anno 2017, presentato oggi, sabato 26 maggio, alla presenza del vescovo mons. Claudio Cipolla.
Il Report registra alcuni dati significativi: un calo rilevante (-6%) delle persone che nel 2017 si sono rivolte agli sportelli Caritas nel territorio (2.447 persone a fronte delle 2.603 del 2016). Sostanzialmente diminuiscono gli stranieri (-9,5%), mentre rimangono abbastanza costanti gli italiani: «una tendenza – segnala il Report – dovuta presumibilmente sia all’oggettiva diminuzione degli arrivi in Italia in seguito alle misure introdotte a livello governativo nel corso dell’anno; sia alla recrudescenza della crisi, che da un lato frena i nuovi ingressi e, dall’altro, induce non pochi stranieri stabilitisi da tempo in Italia a trasferirsi altrove, specie nei Paesi del centro-nord Europa, dove le opportunità di trovare un lavoro o comunque di garantirsi un reddito sono superiori».
Stabile il numero degli italiani (969 nel 2016 e nel 2017) che si rivolgono ai servizi Caritas, segno che le ricadute della crisi non si sono attenuate. A chiedere aiuti e sostegni, sono persone nella fascia “attiva”, tra i 31 e i 65 anni, prevalentemente si tratta di coppie con figli (43,5%), nonostante ci sia un aumento significativo di persone sole con figli (13,7% rispetto al 10% dello scorso anno). E aumentano, tra i richiedenti aiuti, anche le persone che hanno un alloggio di proprietà (con un incremento più che raddoppiato dal 7 al 17% rispetto allo scorso anno). Rimane forte la richiesta di aiuto per il pagamento di bollette e utenze (elemento oggetto di approfondimento tematico nel Report 2016).
Nel 63% dei casi le problematiche per cui si chiede aiuto sono legate alla situazione economica (38%) e mancanza o insufficienza di lavoro (25%). Un dato allarmante è la crescita di richieste per aiuti in ordine alla salute (11%): «coloro che hanno un reddito sufficiente – si legge nel Report – danno priorità al pagamento dell’affitto e delle utenze domestiche; e solo se ci sono soldi che avanzano, accedono ai servizi sanitari. A farne le spese sono in particolare le persone affette da patologie cronico-degenerative, che richiedono controlli costanti e che spesso non hanno una copertura nei livelli essenziali di assistenza, in quanto le esenzioni seguono criteri obsoleti».
Per quanto riguarda le richieste presentate, si registra nel 2017, un calo delle richieste di beni e servizi (-5%), probabilmente legato alle nuove norme di accesso al Banco Alimentare, ma rappresentano comunque il 43% del totale.
Un terzo di persone chiede aiuto per il pagamento delle utenze domestiche (23,1%), ma non mancano richieste di ascolto e orientamento (13% complessivo).
Il Report presenta anche una fotografia suddivisa per vicariato e un breve approfondimento dei principali servizi specifici di Caritas Padova:
- il Fondo straordinario di solidarietà per il lavoro;
- il centro di ascolto sul Disagio finanziario che nel 2017 ha affrontato 74 situazioni dando risposte con 17 “prestiti della speranza” per un totale di oltre 56 mila euro; 14 “sostegno sociale” per un valore di 40 mila euro; 17 con aiuti tramite il Centro di ascolto Caritas per un valore di seimila euro; oltre a prestiti per un valore di oltre 76 mila euro grazie alla convenzione con la Fondazione Tovini, realtà antiusura che lavora nel territorio veneto.
- il Poliambulatorio Caritas-Cuamm che nel 2017 ha incontrato 509 persone, di cui 213 nuovi utenti.
Il Report 2017, come dice il titolo Povertà educative e risorse comunitarie, ha dedicato l’approfondimento tematico alle povertà educative (che saranno anche oggetto di un prossimo approfondimento di Caritas italiana nel Rapporto povertà 2018), affrontando la lettura dall’esperienza dei doposcuola presenti in Diocesi e per lo più realizzati o ospitati dalle parrocchie.
La povertà educativa è tristemente in aumento, come registra il rapporto annuale di Save the children su condizioni di povertà dei minori, dispersione scolastica, impossibilità di partecipare ad attività educative, sportive, ricreative…
L’esperienza dei doposcuola è l’esempio dell’attivazione di risorse e di risposte comunitarie significative e importanti, come fotografano i risultati dei questionari e dei focus group realizzati dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse.
Ai questionari hanno risposto 275 parrocchie, registrando 93 presenze effettive di doposcuola nelle singole parrocchie (22% del totale della Diocesi). Di queste 71 hanno risposto in maniera completa sull’esperienza del doposcuola. Ne emerge un quadro articolato, con esperienze persino trentennali e con la presenza (per le 71 realtà che hanno risposto) di 688 volontari e 139 esperti retribuiti.
Nel 38% dei casi l’attivazione dei doposcuola è garantita dalle parrocchie e dai volontari, il 40% da comuni e servizi sociali e il rimanente da cooperative, associazioni, istituti.
Per lo più i doposcuola sono ospitati in sedi parrocchiali e senza oneri per l’utilizzo degli spazi. Varia anche la proposta: dai due giorni alla settimana lavorativa.
L’accesso al servizio avviene nella maggioranza dei casi su richiesta della scuola, a seguire è la famiglia a richiederlo o l’assistente sociale; in alcuni casi nasce dall’iniziativa del parroco.
Cosa si fa nel doposcuola? Il range è vario: aiuto nei compiti; ripetizioni individuali specifiche, approfondimento della lingua italiana per ragazzi stranieri; attività miste.
Il lavoro dei focus group realizzato con i referenti parrocchiali e di cooperative che si occupano di doposcuola si è invece concentrato su quattro punti: obiettivi, bellezze, fatiche, valore sociale.
Sul fronte degli obiettivi si ritrovano: far sentire accolto il bambino, favorire l’inserimento nella comunità e tra i coetanei; comprendere i bisogni dei ragazzi e le motivazioni di alcune situazioni (insuccesso scolastico, iperattività, difficoltà di apprendimento); creare autostima; far acquisire un metodo di studio, favorire l’autonomia.
Dal punto di vista delle “bellezze” e dei risultati si registra un grande entusiasmo da parte degli operatori e volontari per la qualità delle relazioni che si instaura con i bambini, per la loro maturazione, per i risultati raggiunti. Non mancano certo le fatiche, legate soprattutto al coordinamento laddove si dedicano al doposcuola soprattutto volontari, per cui c’è una variabilità di presenza; come pure alla forte mobilità del personale retribuito, alla difficoltà di avere una gestione dei tempi chiari con le famiglie.
Significative le risposte sul fronte del “valore sociale”: giustizia sociale, valore della comunità, prevenzione rispetto a possibili devianze, contrasto all’abbandono scolastico; socializzazione; percezione di integrazione da parte delle famiglie straniere; sostegno ai genitori…
«La fotografia che affiora dal Report – sottolinea don Luca Facco, direttore Caritas Padova – conferma la consapevolezza che nei territori più difficili emergono le persone più motivate. Ne è un esempio, a Padova, il quartiere dell’Arcella: uno dei territori con maggiori sfide per l’alto numero di immigrati, che ha promosso la presenza di doposcuola quasi in ogni parrocchia, in rete, tramite un coordinamento. Con questo rapporto si desidera sollecitare le comunità, l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza di continuare a investire su tutti i minori, italiani, stranieri, ricchi, poveri, integrati, emarginati, fragili o forti, consapevoli del grande potenziale presente nelle comunità che sono capaci in maniera spontanea di attivarsi e mobilitarsi per essere a fianco di questi ragazzi e delle loro famiglie».
CS 163/2018
Padova, 26 maggio 2018