APERTURA ANNO GIUBILARE 2025 NELLA CHIESA DI PADOVA
Si è aperto domenica 29 dicembre 2024 per la Chiesa di Padova, con una solenne celebrazione presieduta dal vescovo Claudio Cipolla, il Giubileo 2025 “Pellegrini di Speranza” .
La celebrazione ha avuto inizio nella chiesa del Seminario (Santa Maria in Vanzo) dove si è svolta la prima parte della liturgia, che ha visto anche la lettura di alcuni stralci della Bolla di indizione del Giubileo “Spes non confundit” di papa Francesco.
Quindi in processione, anticipati dalla croce ornata a festa e dal libro dei Vangeli, il vescovo, seguito dai presbiteri concelebranti – tra cui il vescovo emerito mons. Antonio Mattiazzo e il vescovo mons. Paolo Bizzeti, già vicario apostolico per l’Anatolia – e da tutti i fedeli ha raggiunto il sagrato della Cattedrale. Qui c’è stata la memoria del Battesimo: il vescovo Claudio con alcuni presbiteri e ministri è entrato in Battistero dove ha benedetto l’acqua lustrale con cui successivamente, prima di entrare in Cattedrale, è stato asperso il popolo dei numerosissimi fedeli presenti.
Sulla soglia della Cattedrale il vescovo ha innalzato la croce invitando a venerarla e dietro la croce si è poi entrati processionalmente in Cattedrale dove è proseguita la celebrazione eucaristica.
Di seguito il testo integrale dell’omelia del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla
Apertura Giubileo “Pellegrini di speranza”
29 dicembre 2024
Il cammino della nostra chiesa diocesana si intreccia ora con il giubileo ordinario che inizia per noi oggi. Il tema proposto a tutte le Chiese del mondo per questo “anno santo” unisce due sostantivi: pellegrini e speranza. Sono “pellegrini di speranza” i genitori di Gesù che si recano a Gerusalemme per la festa di Pasqua; sono pellegrini di speranza Elkanà ed Anna con il figlio Samuele, arrivato nella vecchiaia; sono pellegrini di speranza anche i migranti di oggi come lo erano gli emigranti italiani alla fine dell’ottocento.
Anche noi siamo tutti pellegrini di speranza sia perché siamo mandati a seminarla, sia perché anche noi stessi siamo mendicanti di speranza.
È vero che il verbo pellegrinare richiama fatica, stanchezze, sforzo. Ma presume anche un obiettivo, una motivazione, una meta e la speranza di raggiungerla.
Chi si mette in cammino esce di casa e cammina affrontando pericoli, incertezze, imprevisti. Occorre coraggio, alzarsi abbandonando le proprie consuetudini e sicurezze, e muoversi verso una meta. Per Bartimeo la meta era Gesù che lo aveva fatto chiamare, per altri è un lavoro, per altri una vocazione o un sogno. In questi percorsi – in questi pellegrinaggi – la nostra vita brilla manifestando la sua bellezza.
Pellegrinare è entrare in condizione di precarietà.
Nessuno si muove se non c’è un motivo o una attrazione forte che giustifichi la fatica o il rischio. La strada ti chiama con i suoi pericoli ma anche con le sue sorprese: libertà, coraggio di scegliere, desiderio di ricerca e di scoperte, aspirazione ed ideali.
Nel cammino e nel pellegrinaggio sono contenuti anche tanti segni di vita e di speranza per sé stessi e soprattutto per i propri figli.
Pellegrina ogni uomo e ogni donna, ed è chiamato al pellegrinaggio ogni cristiano, ma sono pellegrini anche i “noi” cristiani: la famiglia, le comunità, la chiesa diocesana, la chiesa cattolica universale.
Incoraggiamenti ad uscire e a mettersi in cammino sono arrivati dai Sinodi, quello universale, quello italiano ma anche quello che ci ha direttamente coinvolti: il nostro Sinodo locale, preceduto da quello dei giovani nel 2017. Sinodo significa appunto “camminare insieme”. Da qualche tempo siamo di fatto già in cammino e ben si adatta a noi il tema del Giubileo, che scende come Grazia su un terreno già dissodato.
Il Giubileo ci propone coraggio ed ispirazione per mettere in pratica quanto abbiamo intuito tutti insieme: ci parla di speranza. Si cammina perché si spera: la speranza presenta orizzonti luminosi, aspirazioni di comunione, di pace, di fratellanza, di fede, di carità. La speranza ci presenta utopie e sogni, anzi ci ricorda il grande sogno portato da Gesù con la Pasqua, quello del suo Regno.
Volendo annunciare fedelmente ed integralmente il Vangelo di Gesù, nostra speranza, chiamati ad annunciarlo oggi nella terra che il Signore ci ha assegnato perché fosse custodita e amata nel suo nome, abbiamo abbozzato percorsi di concretizzazione del nostro sinodo diocesano.
Qualche piccolissimo segno lo stiamo ponendo: l’elevazione della chiesa dell’OPSA a santuario, il progetto “Vi sia uguaglianza” e soprattutto la scelta sinodale di servire le nostre comunità, anche se piccole, fino a quando esse stesse lo desidereranno. Il discernimento dei ministeri battesimali, i piccoli gruppi fraterni della Parola, la necessaria riorganizzazione territoriale per rendere possibili collaborazioni e sinergie, sono le strade sulle quali camminare come pellegrini.
Là, fuori da questo edificio, nel mondo che abitiamo ci sono tante sofferenze e angosce, c’è tanta solitudine ed ansia, ci sono povertà antiche e nuove. Là fuori ci sono famiglie in difficoltà, giovani che non trovano un senso per la loro vita, anziani soli e preoccupati, lavoratori e lavoratrici precari ed insoddisfatti; là fuori ci sono relazioni interpersonali e rapporti tra generi violenti e irrispettosi; ci sono malati e sofferenti… L’elenco sarebbe lunghissimo.
Constatiamo che il mondo intero vive un drammatico momento: muoiono non solo soldati, non solo civili – uomini e donne – ma anche bambini in numeri inaccettabili a cause di guerre; ancora si muore di fame e per mancanza di cure sanitarie di base; interi continenti sono sempre più in difficoltà economica; nemmeno nelle nostre società occidentali si riesce a debellare la violenza e l’ingiustizia; abbiamo preoccupazioni legate al cambiamento climatico, non riusciamo a far emergere dai nostri figli il bello e il bene che hanno nel cuore; le dinamiche economiche mondiali sembrano governare incontrastate e dominare sulla politica.
In realtà i confini non sono veri: siamo tutti parte dello stesso mondo e ne condividiamo fraternamente il cammino ma qui dentro, tra di noi, siamo chiamati ad accogliere dal Signore e far crescere sentimenti ed atteggiamenti con i quali consolare, dare coraggio e comunicare fiducia!
La paura! È lei che sconsiglia il pellegrinaggio e la speranza. Le paure si manifestano come stanchezza, rassegnazione, rinuncia. Attenzione: sono tentazioni ed inducono a stare fermi, a non muoversi, a difendersi dal cambiamento e dalla fatica del cammino. La paura ci isola l’uno dall’altro, ci mette spesso uno contro l’altro, alza barriere difensive, genera sfiducia reciproca, disintegra le comunità e la comunione: fa di noi dei pessimisti! La paura è pericolosa perché fa sorgere risposte affrettate e diventa terreno per i protagonismi individuali, il leaderismo, le dittature, spingendoci ad attendere le soluzioni dagli altri: delle nostre paure si avvantaggiano i grandi del mondo, anzi talvolta le creano per potersi proporre come salvatori.
Il Giubileo collegando il sostantivo del pellegrinaggio a quello della speranza ci àncora alla fede di Gesù e alla fede in lui che ci libera da ogni turbamento e paura, come diciamo durante l’Eucaristia. Da Gesù nasce la nostra speranza.
Questa speranza viene accesa ogni volta che nelle nostre case nasce un bambino. E viene riaccesa nel nostro mondo in questo tempo natalizio annunciando che per noi è nato un bambino: un bambino, quel bambino, è segno di speranza e di futuro.
Questa speranza viene accesa ogni volta che si dà una possibilità di riscatto alla vita, una possibilità di futuro a chi è nell’indigenza e nella povertà, una possibilità alla pace e alla concordia.
Non possiamo rifiutare l’invito del Signore che ci chiama a metterci in cammino verso la terra promessa, né possiamo nasconderci all’appello di Gesù che cerca nuovi operai per la sua vigna e per la sua messe.
Il Giubileo è una nuova apertura dell’infinita misericordia, una nuova opportunità per accogliere quel dono di Grazia che ci restituisce fiducia e ci permette di ricominciare il cammino della vita da dove siamo arrivati.
Coraggio dunque, mettiamoci in cammino insieme, in comunione con tutte le altre chiese del mondo, con il cuore unito in un solo volere e in un solo sentire per esplorare percorsi nuovi e per raggiungere quegli orizzonti che lo Spirito ha suggerito alla nostra Chiesa.
Maria, Madre della Provvidenza, i nostri santi e beati, e tutti i nostri amici che sono in cielo ci accompagnino su queste belle strade per noi preparate.
+ Claudio Cipolla
CS 168/2024
Padova, 29 dicembre 2024