cs 180/2025 Famiglie vulnerabili e povertà educativa e il ruolo dei Centri di Ascolto

OSSERVATORIO DELLE POVERTÀ E DELLE RISORSE DI CARITAS PADOVA
Famiglie vulnerabili e povertà educativa
e il ruolo dei Centri di Ascolto

La povertà educativa è uno dei temi all’attenzione di Caritas Padova, a cui negli ultimi anni sono stati dedicati vari progetti, ricerche e approfondimenti, sostenuti anche dai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica. Nel 2017 è stato avviato un censimento sui doposcuola presenti nel territorio diocesano che ha restituito un quadro ricco e articolato: «non solo numeri di bambini, volontari e strutture, ma esperienze vive, maturate negli anni – sottolinea Daniela Crivellaro, operatrice Caritas e referente per l’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse – I doposcuola non sono semplici luoghi dove fare i compiti, sono spazi di incontro, di gioco, di approfondimento, ma anche luoghi in cui emergono con forza le cosiddette “povertà educative”».

E ai doposcuola sono stati dedicati altri progetti dal 2019 al 2021 anche in collaborazione con la Pastorale per l’educazione e la scuola e con l’associazione Noi Padova. Più recentemente grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica di Caritas italiana è stato approvato nel 2021 un progetto triennale (È per te) e nel 2024 un secondo progetto (Io speriamo che me la cavo) che hanno impegnato risorse e operatori nell’accompagnamento specifico di alcuni nuclei familiari e favorito reti nel territorio in supporto ai minori. La ricerca avviata a cavallo tra 2024 e 2025 dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse, alla luce di questi progetti specifici, ha voluto approfondire il rapporto tra famiglie vulnerabili e povertà educativa, su un campione di famiglie con minori che si sono rivolte ai Centri di Ascolto diffusi nel territorio diocesano, con interviste specifiche suddivise in tre aree: demografia (composizione familiare); sociosanitaria (per capire se la famiglia è gravata da situazioni complesse); culturale ed educativa (per cogliere la qualità di vita di cui possono godere i figli), che rappresenta l’area rilevante dell’intervista.

Alla base della ricerca «L’idea – riprende Crivellarodi provare ad approfondire le connessioni che ci sono tra la vulnerabilità di una famiglia che chiede aiuti alla Caritas e le privazioni che i figli di questa si trovano ad avere, in modo da offrire qualche strumento in più ai volontari dell’ascolto per avere l’occasione che permettesse loro di dialogare in profondità con questi genitori sul loro bene più prezioso: i figli».

La ricerca si è svolta da settembre 2024 a settembre 2025. La prima fase ha visto un incontro formativo con i volontari dei Centri di Ascolto sul tema delle famiglie vulnerabili e dell’impatto che i problemi economici hanno su varie aree di funzionamento delle famiglie, come la salute, la formazione scolastica, la gestione del tempo libero.

Quindi si è individuata una traccia di intervista da sottoporre ai genitori con figli minori. Proprio il metodo dell’intervista mirata ha permesso di evidenziare alcuni aspetti che altrimenti non sarebbero emersi nel colloquio ordinario destinato spesso a superare un bisogno di ordine economico.

La ricerca ha permesso di raccogliere 37 interviste in 29 Centri di Ascolto (vicariali e parrocchiali), successivamente discusse in focus group con i volontari.

Le interviste hanno coinvolto un panorama molto composito: cinque genitori italiani, 20 genitori stranieri, e 12 genitori che sono cittadini italiani ma sono nati all’estero. Prevalentemente vivevano in coppia (26/37), ma in un caso su tre sono state incontrate madri sole (11 persone). A queste famiglie corrispondono 117 figli, di cui 106 minori. In media, infatti, le famiglie intervistate hanno 3 figli. Il titolo di studio è in generale piuttosto basso, non solo tra gli stranieri (metà degli stranieri hanno la licenza media o meno, ma ci sono anche 3 laureati su 20), ma soprattutto tra gli italiani. La maggior parte dei padri (presenti) è occupata, sia tra gli italiani che tra gli stranieri. Poche madri lavorano (9 su 37, di cui 2 part time e una temporaneamente), 8 sono casalinghe, molte sono classificate come disoccupate (9 italiane, 9 straniere).

Alcune famiglie hanno situazioni sanitarie complesse, dove almeno un membro ha una disabilità fisica (7, di cui una madre sola), e/o con necessità di lunghi percorsi di cura e spese mediche ingenti.

Le persone intervistate riportano che i bambini frequentano con regolarità la scuola, con esiti buoni o sufficienti. Di fronte alle difficoltà scolastiche un terzo dei ragazzini fruisce dei supporti offerti dalla scuola, ma molto spesso affrontano questi problemi da soli o in famiglia, nonostante non sempre vi siano le competenze sufficienti. Oltre che per i compiti, molti bambini trascorrono parte del tempo in casa per giocare – ma quasi mai invitando gli amici – e soprattutto guardando la televisione. La maggior parte partecipa alle gite scolastiche, ma molti (21 partecipanti) riportano che i figli non partecipano ad attività extra organizzate dalla scuola. Nonostante le ristrettezze, alcuni genitori si impegnano per offrire esperienze ricreative e culturali, ad esempio una volontaria racconta di una madre che si informa sempre sulle giornate gratuite per le visite ai musei per poter portare i figli.

Se da un lato, i bambini e i ragazzi sono abbastanza soli nell’affrontare lo studio e il tempo libero in casa, la ricerca ha rivelato però che sono molto numerosi quelli che frequentano attività sportive, soprattutto all’interno di società organizzate.

E questa è una prima evidenza importante emersa: lo sport come strumento di integrazione.

Lo sport, infatti, non risponde solo al bisogno di relazione, è anche il luogo in cui un ragazzo o una ragazza che magari ha difficoltà di inserimento trova il modo per esprimere le proprie potenzialità o scoprire spazi di realizzazione. Le opportunità di accesso allo sport e ad altre attività variano però molto tra i diversi comuni e a volte il trasporto è un ostacolo concreto, soprattutto per le famiglie delle zone periferiche. A questo si aggiunge che le famiglie con molti figli affrontano sfide organizzative e logistiche e spesso si ricorre a soluzioni pratiche (es. guardare TV) per gestire i figli, con conseguenze sulla qualità del tempo libero.

Un secondo presidio importante per ridurre l’isolamento delle famiglie, soprattutto straniere, è risultato proprio il Centro di Ascolto o il servizio Caritas. Solo 17 famiglie su 37, infatti, hanno indicato anche altre associazioni locali a cui fanno riferimento in caso di bisogno e in 11 casi gli unici riferimenti sono i familiari non conviventi. Pochissimi hanno indicato vicini o amici.

«Il problema dell’isolamento delle famiglie ha molteplici sfaccettature – sottolinea un volontario – Le famiglie si sentono isolate, ma spesso sono esse stesse a non cercare l’inclusione, per motivi culturali, legati a stili di vita o alla paura del confronto. Il problema è più accentuato tra le famiglie di origine straniera. Talvolta ci sono anche differenze di percezione o di desiderio d’integrazione tra i due genitori. Come pure la situazione può essere diversa nelle realtà in cui è forte la presenza di specifiche comunità etniche ed è chiaro che l’integrazione è un processo bidirezionale».

Difficoltà linguistiche e culturali da un lato, atteggiamenti discriminatori dall’altro sono fattori che incidono nella possibilità di avere reti relazionali nel territorio. Su questo fronte il ruolo del Centro di Ascolto è emerso come fondamentale essendo un luogo di ascolto e di connessione tra le famiglie e le comunità locali. Dal canto loro i volontari rappresentano delle vere e proprie «sentinelle del territorio, custodi dei bisogni espressi dalle famiglie, ma anche esperti del quartiere che abitano, riuscendo così a essere importante tramite tra le famiglie e le risorse locali, e magari stimolo per un maggiore coordinamento tra le varie realtà presenti».

La ricerca: https://caritas.diocesipadova.it/famiglie-vulnerabili-e-poverta-educativa-il-ruolo-dei-centri-di-ascolto/

Nella foto da sinistra:
Giulia Piovan, psicologa, operatrice del progetto “Io speriamo che me la cavo”
Daniela Crivellaro, operatrice Caritas, referente per l’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Padova
Don Marco Galletti, responsabile Caritas Padova
Marta Gaboardi, psicologa, ricercatrice dipartimento psicologia dello sviluppo Unipd e Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Padova
Maria Castiglioni, demografa Unipd e Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Padova
Padova, 10 dicembre 2025
CS 180/2025

 

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