IL RITORNO A PADOVA DEI SERVI DI MARIA DOPO DUE SECOLI

momento di grande gioia.
A dare un primo benvenuto nei giorni scorsi ai padri Servi di Maria è stato il parroco uscente don Luigi Beggiao, che si è rivolto alla comunità dei fedeli nel bollettino parrocchiale distribuito in questi giorni. Un messaggio di ringraziamento e di saluto ma anche di condivisione d’intenti con padri che prenderanno servizio in città: «È bello riconoscerci - ha scritto don Beggiao - con padre Cristiano (nuovo parroco dei Servi) per la passione ecclesiale condivisa e per il desiderio di lavorare insieme in una prospettiva ampia di pastorale a servizio del Centro città.  C’è qualcosa di nuovo e di antico, un carisma che è dono dello Spirito e un desiderio di bene senza confini».
Da parte sua padre Cristiano Maria Cavedon, che diventa parroco dei Servi e guida  la comunità dei religiosi che comprende altri due padri di origine indiana (padre Jegan che arriva da Roma e padre Philo da Udine) ha sottolineato in sei “sì” l’accoglienza di questo incarico che lo ha portato da Trento a Padova: «Sì, perché tornare in una nostra antica Chiesa, che conserva intatte le memorie storiche e spirituali della presenza di nostri confratelli dei secoli passati, è sempre un’esperienza che ci arricchisce: ritroviamo lo spirito delle origini, ci ritroviamo immersi in un’aura spirituale che non è andata perduta. E il merito è indubbiamente di tanti sacerdoti e laici che in questi due secoli hanno coltivato lo spirito dei nostri padri. Sì, perché in un’epoca in cui tutto è da rifondare: chiesa, società, politica, economia, democrazia,…offrire il nostro contributo e i nostri sforzi credo sia un dovere. Sì, perché il ritorno avviene in un momento in cui la chiesa locale sta pensando e lavorando a una presenza nel centro storico di Padova in forme nuove, partecipate e condivise da tutte le sei parrocchie del centro in un progetto di nuova missionarietà che attira e stimola non poco.  Sì, perché la nostra presenza potrà aggiungere al poliedro della chiesa locale il tassello di cultori della devozione a Maria quale guida e modello nel cammino di fede. Sì, perché sappiamo che sarà un cammino condiviso con la comunità locale della parrocchia e della città. Sì, perché sarà un cammino insieme con i nostri frati indiani, che ci danno un senso di nuova giovinezza e di comunione con tutto il mondo».

Ma il momento clou è stata senz’altro la concelebrazione sabato 6 settembre, presieduta dal vescovo Antonio Mattiazzo, che nell’omelia, oltre ai ringraziamenti e il saluto a chi parte e chi arriva e alle autorità, e ai concelebranti padre Lino Maria Pacchin, priore provinciale Veneto e, padre Susaimani Maria Arokiasamy, priore provinciale dell’India dei Servi di Maria, rifacendosi alla Prima lettura, in cui il profeta Ezechiele è stato costituito da Dio come “vigile sentinella”, ha salutato l’arrivo dei Servi di Maria ricordando che: «La sentinella scruta l’orizzonte della storia scorgendone i segni nascosti, le tracce misteriose del passaggio di Dio, le albe e i tramonti. Osservando l’orizzonte della storia, vediamo come i Servi di Maria entrarono in questa chiesa, appena edificata, il 3 giugno 1393. Per secoli furono una presenza di alto valore nel cuore della Città. Su essi agli inizi del 1800 si abbatté la tempesta napoleonica che decretò il loro tramonto a Padova. Sembrava un tramonto definitivo. Ma ecco, che Dio, per intercessione di Maria, aveva in serbo una nuova alba. Ed è quella di cui siamo testimoni gioiosi. Ringraziamo la Provvidenza e la Vergine Maria di questo dono, accogliamolo con viva fede e facciamolo fruttificare per il bene della nostra Chiesa e della nostra Città».
Il vescovo ha poi proseguito richiamandosi al messaggio di conversione contenuto nella Parola di Dio: «conversione all’unità, alla comunione, alla corresponsabilità nella vita della comunità. La comunione è un bene essenziale, costitutivo della vita cristiana ed ecclesiale. Siamo fatti non per la solitudine, ma per l’incontro. Comunione con Dio, anzitutto, per tessere rapporti interpersonali nella verità, nell’amore, nella solidarietà; comunione che si può infrangere con il peccato».
Il primo compito che interpella la comunità cristiana «è l’annuncio di Dio, del suo amore misericordioso che si dona a noi, della riconciliazione con Dio, in Cristo».  Ciò richiede «una Chiesa aperta, accogliente, che sa ascoltare e accompagnare. È necessario, inoltre, uscire dal tempio, dal recinto per andare nelle periferie, nelle piazze».

Il vescovo Antonio di fronte a una società in cui «prevale l’individualismo, il soggettivismo autoreferenziale e narcisistico, la ricerca dell’interesse privato invece che del bene comune», atteggiamento che «porta alla chiusura, alla diffidenza e alla paura dell’altro, al rifiuto del diverso e del povero, all’emarginazione. Produce tristezza, non serenità, gioia e pace», ha ricordato che «i discepoli di Cristo, i membri della comunità ecclesiale, sono chiamati a portare uno spirito nuovo, a fare il primo passo per comunicare, per aprirsi alla relazione interpersonale, per andare incontro alle persone sole ed emarginate. La Parola di Dio ci sprona a sentirci corresponsabili: non si è cristiani da soli, non ci si salva da soli senza la carità. Come discepoli di Gesù siamo in debito di amore verso tutti, siamo corresponsabili della salvezza del fratello, collaboratori della sua gioia».

Al termine dell’omelia il vescovo sottolineando l’impegno di corresponsabilità tra parrocchie, ha accennato all’avvio dell’Unità pastorale della Cattedrale che si attuerà ufficialmente il prossimo 5 ottobre nel proposito di «tessere una rete di collaborazione più stretta tra le parrocchie e alcuni ambiti pastorali come l’iniziazione cristiana, la Caritas, i giovani».
In questo il carisma e la presenza dei Servi di Maria, nel contesto del Centro storico cittadino, si rivelano preziosi e arricchenti.

Sul canale youtube/saramelchiori i video dell'ingresso e dell'omelia (in due parti)



CS 192/2014
Padova, 6 settembre 2014

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