Profughi: fratelli e sorelle
In questi giorni è importante provare a dare voce a qualche parola per continuare a riflettere alla luce dell’ennesima tragedia che ha visto la morte di circa 700 persone, fratelli e sorelle, uomini, donne e bambini, in fuga con il solo desiderio di trovare vita e speranza.
Dal mio punto di vista desidero condividere tre pensieri.
Il primo pensiero è di dar voce al dolore, alla sofferenza che proviamo di fronte a questa notizia e a queste immagini. Proviamo tutti rabbia, indignazione, dolore a pensare che queste persone per salvarsi dalla guerra, dalla fame, dalla tirannia sono costrette a morire in questi viaggi di disperazione-speranza. È in atto un “terremoto” politico in moltissimo paesi ed è naturale che queste persone scappino verso situazioni migliori. Chi di noi non cercherebbe una situazione migliore per se stesso e per la propria famiglia?
In secondo luogo è evidente che siamo di fronte a un fenomeno drammatico, dalle proporzioni impressionanti, con numeri e cifre che non riusciamo nemmeno a immaginare. È necessario, a questo punto, sempre più che si innalzi un grido da tutti i cittadini italiani ed europei affinché intervenga l’Europa e l’ONU. Solo se tutta l’opinione pubblica è compatta e unita a pretendere un intervento umanitario c’è la speranza di riuscire a smuovere i governi nazionali, per superare gli inevitabili egoismi e affrontare questa situazione. Se c’è una forte opinione pubblica si riesce a smuovere le coscienze dei governi. Se c’è una forte e motivata opinione pubblica i governi sono costretti a cercare insieme soluzioni e risposte. L’intelligenza delle persone più esperte riuscirà a individuare le vie più adatte e possibili. In questi giorni si parla di allestire campi profughi nei paesi confinanti, predisporre un visto e un cordone umanitario per l’ingresso legale in Europa e un cordone navale per evitare che nella disperazione queste persone si buttino in mare, favorendo così la mafia degli scafisti.
Infine per le persone che sono già giunte in Italia non possiamo non favorire un’accoglienza dignitosa e umana affinché abbiano la possibilità di fare la richiesta di asilo politico come prevedono gli accordi internazionali. Tutti, ora e subito, a qualsiasi livello siamo chiamati a collaborare per affrontare questa situazione. Stato, regioni, prefetture, comuni, associazioni, cooperative, parrocchie. Nessuno può e deve dire io non posso e non riesco. Tutti insieme siamo capaci e possiamo. Favorire le micro accoglienze – massimo 5-6 persone – diffuse sul territorio in modo da innescare fin da subito una reale e fattiva integrazione e accoglienza inserendo queste persone nel tessuto locale attraverso corsi di italiano, esperienze di volontariato e servizio, work experience, lavori di pubblica utilità e conoscenza del nostro ambiente, delle nostre regole e abitudini. L’esperienza di molte micro accoglienze presso alcune parrocchie della nostra Diocesi, in sinergia con le cooperative sociali e i comuni dimostra che è possibile, che non crea paura e allarme sociale. Gli operatori delle cooperative offrono un sostegno e accompagnamento professionale, i volontari della CARITAS favoriscono percorsi di integrazione attraverso esperienze di amicizia e relazione (insegnare a farsi da mangiare, qualche passeggiata o partita di calcio, incontro di scambio con i giovani del territorio, accompagnamento a conoscere i servizi del territorio).
Infine due appelli.
Ai candidati in vista delle ormai prossime elezioni: evitate di trasformare questo tema così complesso e delicato in campagna elettorale dove spesso si è costretti a semplificare e ridurre. Fate una moratoria affinché non si ostacoli e si mettano i bastoni fra le ruote a chi cerca di impegnarsi e collaborare.
Al mondo dell’informazione: cercate di dar voce anche alle tante esperienze di accoglienze riuscite. L’informazione ha un grande potere di formare la pubblica opinione.
Con l’augurio e la speranza che di questi temi si possa parlare in maniera civile, costruttiva e razionale. Sono temi difficili e complessi, non ci sono soluzioni o ricette facili, ma insieme come comunità, a tutti i livelli – locale, nazionale e internazionale – possiamo e siamo in grado di stare e affrontare questa situazione.
Collaboriamo per uscire da questa situazione ancora più comunità civile e umana.
don Luca Facco, direttore di Caritas diocesana di Padova
CS 126/2015
Padova, 21 aprile 2015
In questi giorni è importante provare a dare voce a qualche parola per continuare a riflettere alla luce dell’ennesima tragedia che ha visto la morte di circa 700 persone, fratelli e sorelle, uomini, donne e bambini, in fuga con il solo desiderio di trovare vita e speranza.
Dal mio punto di vista desidero condividere tre pensieri.
Il primo pensiero è di dar voce al dolore, alla sofferenza che proviamo di fronte a questa notizia e a queste immagini. Proviamo tutti rabbia, indignazione, dolore a pensare che queste persone per salvarsi dalla guerra, dalla fame, dalla tirannia sono costrette a morire in questi viaggi di disperazione-speranza. È in atto un “terremoto” politico in moltissimo paesi ed è naturale che queste persone scappino verso situazioni migliori. Chi di noi non cercherebbe una situazione migliore per se stesso e per la propria famiglia?
In secondo luogo è evidente che siamo di fronte a un fenomeno drammatico, dalle proporzioni impressionanti, con numeri e cifre che non riusciamo nemmeno a immaginare. È necessario, a questo punto, sempre più che si innalzi un grido da tutti i cittadini italiani ed europei affinché intervenga l’Europa e l’ONU. Solo se tutta l’opinione pubblica è compatta e unita a pretendere un intervento umanitario c’è la speranza di riuscire a smuovere i governi nazionali, per superare gli inevitabili egoismi e affrontare questa situazione. Se c’è una forte opinione pubblica si riesce a smuovere le coscienze dei governi. Se c’è una forte e motivata opinione pubblica i governi sono costretti a cercare insieme soluzioni e risposte. L’intelligenza delle persone più esperte riuscirà a individuare le vie più adatte e possibili. In questi giorni si parla di allestire campi profughi nei paesi confinanti, predisporre un visto e un cordone umanitario per l’ingresso legale in Europa e un cordone navale per evitare che nella disperazione queste persone si buttino in mare, favorendo così la mafia degli scafisti.
Infine per le persone che sono già giunte in Italia non possiamo non favorire un’accoglienza dignitosa e umana affinché abbiano la possibilità di fare la richiesta di asilo politico come prevedono gli accordi internazionali. Tutti, ora e subito, a qualsiasi livello siamo chiamati a collaborare per affrontare questa situazione. Stato, regioni, prefetture, comuni, associazioni, cooperative, parrocchie. Nessuno può e deve dire io non posso e non riesco. Tutti insieme siamo capaci e possiamo. Favorire le micro accoglienze – massimo 5-6 persone – diffuse sul territorio in modo da innescare fin da subito una reale e fattiva integrazione e accoglienza inserendo queste persone nel tessuto locale attraverso corsi di italiano, esperienze di volontariato e servizio, work experience, lavori di pubblica utilità e conoscenza del nostro ambiente, delle nostre regole e abitudini. L’esperienza di molte micro accoglienze presso alcune parrocchie della nostra Diocesi, in sinergia con le cooperative sociali e i comuni dimostra che è possibile, che non crea paura e allarme sociale. Gli operatori delle cooperative offrono un sostegno e accompagnamento professionale, i volontari della CARITAS favoriscono percorsi di integrazione attraverso esperienze di amicizia e relazione (insegnare a farsi da mangiare, qualche passeggiata o partita di calcio, incontro di scambio con i giovani del territorio, accompagnamento a conoscere i servizi del territorio).
Infine due appelli.
Ai candidati in vista delle ormai prossime elezioni: evitate di trasformare questo tema così complesso e delicato in campagna elettorale dove spesso si è costretti a semplificare e ridurre. Fate una moratoria affinché non si ostacoli e si mettano i bastoni fra le ruote a chi cerca di impegnarsi e collaborare.
Al mondo dell’informazione: cercate di dar voce anche alle tante esperienze di accoglienze riuscite. L’informazione ha un grande potere di formare la pubblica opinione.
Con l’augurio e la speranza che di questi temi si possa parlare in maniera civile, costruttiva e razionale. Sono temi difficili e complessi, non ci sono soluzioni o ricette facili, ma insieme come comunità, a tutti i livelli – locale, nazionale e internazionale – possiamo e siamo in grado di stare e affrontare questa situazione.
Collaboriamo per uscire da questa situazione ancora più comunità civile e umana.
don Luca Facco, direttore di Caritas diocesana di Padova
CS 126/2015
Padova, 21 aprile 2015
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