La visita del vescovo alle scuole è attività culturale. Il Consiglio di Stato rigetta l’appello dell’Unione atei e agnostici razionalisti

La visita del vescovo negli istituti scolastici non è attività di culto, ma ha valore culturale: lo ha stabilito una sentenza del Consiglio di Stato del 6 aprile 2010, con cui è stato respinto il ricorso di primo grado proposto dall'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalistici (UAAR) nei confronti del vescovo di Padova Antonio Mattiazzo, rappresentato dagli avvocati Ivone Cacciavillani e Luigi Manzi.
La decisione del Consiglio di Stato afferma così la piena legittimità dell'invito-visita del vescovo alle scuole e pone un precedente giurisprudenziale valevole in assoluto ed erga omnes.
 
Il Consiglio di Stato ha infatti rigettato definitivamente l'appello dell'UAAR, contro la sentenza del TAR Veneto che autorizzava l'invito di un istituto scolastico al vescovo per una visita alle comunità scolastiche.
Il ricorso al Consiglio di Stato nei confronti del vescovo Antonio Mattiazzo si riferiva a un fatto risalente al 2007: l'UAAR aveva chiesto l'annullamento della deliberazione del consiglio dell'istituto comprensivo di scuola d'infanzia primaria e secondaria di primo grado dei comuni di Cervarese Santa Croce e Rovolon in data 25 maggio 2007, con la quale ' secondo i ricorrenti ' veniva autorizzata la 'visita pastorale' dell'Ordinario diocesano alle comunità scolastiche.
 
Il Tar del Veneto, a suo tempo, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per «carenza di legittimazione attiva dell'associazione ricorrente». L'UAAR era quindi ricorsa al Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato ha ora definitivamente confermato che nella decisione del consiglio d'istituto «non si riconosceva un effetto discriminatorio nei confronti dei non appartenenti alla religione cattolica, dal momento che, indipendentemente dalla qualificazione contenuta nel codex iuris canonici, sottolineata dai ricorrenti e che ha invece valore limitato all'ordinamento al quale si riferisce, la visita programmata non può essere definita attività di culto, né diretta alla cura delle anime secondo la definizione contenuta nell'art. 16 legge n. 222 del 1985, ma assume piuttosto il valore di testimonianza culturale, tesa a evidenziare i contenuti della religione cattolica sotto il profilo della opportuna conoscenza, così come sarebbe nel caso di audizione di un esponente di un diverso credo religioso o spirituale».
 
Padova, 26 aprile 2010
comunicato stampa 106/2010
(solo Difesa del popolo)
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