Il mercoledì delle Ceneri entriamo nel tempo della Quaresima, quaranta giorni in cui siamo sollecitati a rinnovarci per celebrare con cuore nuovo la Pasqua di risurrezione. Cristo ci viene incontro in modo particolare durante questo tempo per offrirci la sua misericordia e la grazia di migliorarci. Apriamogli con fiducia il nostro cuore per accoglierlo.
1. Riscoprire la nostra identità e ciò di cui abbiamo più bisogno
Il rito dell’imposizione delle ceneri, con cui inizia la Quaresima, ci ricorda che siamo creature, che non ci siamo dati la vita da noi stessi, che non esistiamo per caso ma perché siamo stati pensati e amati da Dio e da Lui siamo custoditi nell’essere. Essere creatura significa pure il riconoscere un limite intrinseco delle nostre facoltà e della nostra libertà: non siamo noi a determinare l’ordine dei valori la Verità, cos’è Bene e Male, la Giustizia. Sono valori radicati in Dio e ci trascendono. Noi siamo interpellati a scoprirli per inserirli nella vita personale e sociale. Quando la nostra libertà, attratta da una forza di seduzione, ci spinge a trasgredirli produciamo disordine e infelicità.
La Quaresima ci invita a riscoprire la realtà del battesimo, il sacramento che ci ha inseriti vitalmente in Gesù Cristo e nella santa Chiesa in una relazione di amore con Dio Padre. Accompagniamoci ai catecumeni che si stanno preparando a ricevere il Battesimo nella Veglia pasquale.
È importante che rientriamo in noi stessi per dare consistenza alla nostra più vera e profonda identità e dignità di persone in un tempo di complessità e frammentazione del vivere. È la relazione con Dio, la relazione costitutiva del nostro essere che la grazia della Quaresima ci porta a riscoprire e valorizzare, andando oltre la superficialità e la banalità di tante cose che invadono la nostra esistenza. Dio si rivela e si dona a noi con Gesù, vero Dio e vero Uomo.
Ascoltiamo la parola di Gesù: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27).
Noi abbiamo bisogno per il corpo del pane materiale, di un’economia che dia pane e lavoro.
Il nostro spirito ha ancor più bisogno del Pane della vita, di nutrirsi della Parola di Dio per saziare la sua fame e sete inestinguibile di senso, di verità, di amore, di speranza, per ordinare rettamente la vita sociale.
Desidero incoraggiare tutti, le comunità cristiane, le aggregazioni laicali, i Consigli di comunione a proporsi e proporre la “lectio divina” della Parola di Dio nel tempo di Quaresima. Incoraggio ugualmente i “Centri di ascolto” del Vangelo che, nel percorso dell’Iniziazione cristiana, si riuniscono nelle famiglie unendo insieme genitori e figli. Con la sua Parola e i dieci comandamenti Dio illumina la nostra coscienza e ci indica la retta via da seguire. Lo fa come un Padre che ci ama e vuole il bene dei suoi figli e, quindi, in una relazione di amore e di fiducia.
Noi, purtroppo, dobbiamo riconoscere con sincera umiltà, che spesso non ascoltiamo Dio Padre e siamo peccatori.
Dio ce lo fa capire con il lamento rivolto al suo popolo: «Ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua» (Ger 2,13).
L’uso della droga, il seguire le passioni disordinate, il piegarsi agli idoli che sono falsi assoluti terreni e ingannevoli sostituti di Dio, ci tolgono la libertà interiore e non appagano il cuore. Teniamo presente, inoltre, che il peccato è castigo a se stesso: «La tua stessa malvagità ti castiga» (Ger 2,19; cfr. Rm 1,24). Non è Dio che ci castiga, siamo noi a farci del male.
Per uscire da questa situazione di degrado e di tristezza, la Quaresima ci offre in abbondanza la grazia della misericordia di Dio che ci chiama a conversione. «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15) sono le parole di Gesù che la Chiesa ci rivolge all’inizio della Quaresima. C’è in queste parole una forza di Dio stesso che va accolta per dare una svolta alla nostra vita, trovare il coraggio di mettere fine ad abitudini perverse, cambiare l’orizzonte dei nostri pensieri e dei nostri desideri, saper dire di no a seduzioni attraenti ma ingannatrici. Se accogliamo questa parola del Signore saremo più liberi e diventeremo più maturi. La grazia della conversione e della misericordia di Dio ci viene donata in modo particolare con il sacramento della Penitenza. Ne abbiamo tanto bisogno e dunque non priviamoci di questo dono. Vorrei pure incoraggiare la pratica della Via Crucis, che per le parrocchie, le aggregazioni laicali e i movimenti ecclesiali della città di Padova rappresenta un momento molto significativo. A livello di Chiesa universale viene proposta una giornata penitenziale il 13-14 marzo: “24 ore per il Signore”. Invito le parrocchie ad accoglierla.
2. Impegnati a edificare la civiltà dell’amore
Convertirsi a Dio vuol dire convertirsi all’amore di Dio e insieme del prossimo. La Quaresima ci sprona dunque a interrogarci sulla carità verso il prossimo e a crescere nella sua pratica. Noi abbiamo una grande potenzialità di amare, ma spesso il nostro è un amore ambiguo. Ricordiamoci che l’amore autentico è «riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo» (Rm 5,5) ed è per sua virtù che possiamo amare non «a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18).
L’amore del prossimo comporta la pratica rigorosa della giustizia e delle sue esigenze, per cui non pratica il comandamento della carità chi non è onesto negli affari. Dobbiamo decisamente opporci al diffuso fenomeno della corruzione. L’evasione fiscale è pure moralmente illecita. Per quanto sta in noi cerchiamo di evitare gli sprechi sia alimentari che di altro genere praticando uno stile di vita ispirato a criteri di sobrietà.
Ma occorre aggiungere che la giustizia da sola non è sufficiente per edificare una società buona. È necessaria la carità che non innalza muri, ma costruisce ponti di dialogo e di collaborazione.
L’amore sincero del prossimo, la solidarietà sarà sempre necessaria anche nella società più giusta, ammesso che essa esista. Infatti «ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto: sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo» (Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, II,28). Questo è tanto più vero nella situazione attuale in cui, da un lato, lo Stato sociale non dispone più di risorse come prima e, dall’altro, a causa della crisi economica, è aumentato il numero dei poveri.
Il Papa Francesco nel Messaggio per questa Quaresima ha proposto una riflessione sull’indifferenza. Vi invito a leggerlo e a farne applicazione.
Un atteggiamento da coltivare è quello di intessere delle buone relazioni con i vicini, facendo noi il primo passo. Viviamo a volte una situazione strana e paradossale: da un lato scegliamo l’individualismo e vogliamo la nostra privacy, dall’altro soffriamo la solitudine o coltiviamo solo relazioni “virtuali”. Vorrei invitare le parrocchie a promuovere le buone relazioni, a non lasciare sole le persone bisognose, specialmente anziane, a educare al senso della comunità e del bene comune, condividendo il bene che c’è tra noi e incrementandolo (cfr. Condividere il Bene che c’è tra noi. Progetti 2015 a cura dell’Ufficio diocesano di Pastorale della Missione).
Facciamo nostra una bella preghiera liturgica: «Rendici aperti e disponibili verso i fratelli che incontriamo nel nostro cammino, perché possiamo condividerne i dolori e le angosce, le gioie e le speranze, e progredire insieme sulla via della salvezza» (Prece eucaristica V B).
In una società che, a causa della globalizzazione, è diventata pluralistica sotto l’aspetto etnico e religioso, siamo chiamati al rispetto della dignità di ogni persona e a un’accoglienza generosa e saggia. Anche in questo caso, è di fondamentale importanza e convenienza superare il muro dell’indifferenza e della chiusura e intessere una buona comunicazione per edificare una convivenza solidale e pacifica. Lo metteva in luce già sant’Agostino nel quinto secolo osservando: «Quando infatti (gli uomini) non possono comunicare tra loro ciò che pensano, anche solo per la diversità della lingua, la grande somiglianza di natura non giova a nulla per far stare insieme gli uomini, tanto che un uomo sta più volentieri con il proprio cane che con una persona estranea» (S. Agostino, La città di Dio, XIX, 7). Ma sarebbe proprio questa una bella società? I Papi a cominciare da Paolo VI ci hanno sollecitato a edificare la “civiltà dell’amore”. È una sfida che noi cristiani e tutti gli uomini di buona volontà dovremmo accogliere, un ideale a cui tendere con coraggio. L’amore, non l’egoismo e la violenza, è il valore che unisce, risana i mali, riempie i cuori, unisce le persone, produce bellezza non effimera.
Usciamo dal nostro torpore, liberiamoci dai molti timori e dal nostro scetticismo e osiamo una Quaresima nuova.
1. Riscoprire la nostra identità e ciò di cui abbiamo più bisogno
Il rito dell’imposizione delle ceneri, con cui inizia la Quaresima, ci ricorda che siamo creature, che non ci siamo dati la vita da noi stessi, che non esistiamo per caso ma perché siamo stati pensati e amati da Dio e da Lui siamo custoditi nell’essere. Essere creatura significa pure il riconoscere un limite intrinseco delle nostre facoltà e della nostra libertà: non siamo noi a determinare l’ordine dei valori la Verità, cos’è Bene e Male, la Giustizia. Sono valori radicati in Dio e ci trascendono. Noi siamo interpellati a scoprirli per inserirli nella vita personale e sociale. Quando la nostra libertà, attratta da una forza di seduzione, ci spinge a trasgredirli produciamo disordine e infelicità.
La Quaresima ci invita a riscoprire la realtà del battesimo, il sacramento che ci ha inseriti vitalmente in Gesù Cristo e nella santa Chiesa in una relazione di amore con Dio Padre. Accompagniamoci ai catecumeni che si stanno preparando a ricevere il Battesimo nella Veglia pasquale.
È importante che rientriamo in noi stessi per dare consistenza alla nostra più vera e profonda identità e dignità di persone in un tempo di complessità e frammentazione del vivere. È la relazione con Dio, la relazione costitutiva del nostro essere che la grazia della Quaresima ci porta a riscoprire e valorizzare, andando oltre la superficialità e la banalità di tante cose che invadono la nostra esistenza. Dio si rivela e si dona a noi con Gesù, vero Dio e vero Uomo.
Ascoltiamo la parola di Gesù: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27).
Noi abbiamo bisogno per il corpo del pane materiale, di un’economia che dia pane e lavoro.
Il nostro spirito ha ancor più bisogno del Pane della vita, di nutrirsi della Parola di Dio per saziare la sua fame e sete inestinguibile di senso, di verità, di amore, di speranza, per ordinare rettamente la vita sociale.
Desidero incoraggiare tutti, le comunità cristiane, le aggregazioni laicali, i Consigli di comunione a proporsi e proporre la “lectio divina” della Parola di Dio nel tempo di Quaresima. Incoraggio ugualmente i “Centri di ascolto” del Vangelo che, nel percorso dell’Iniziazione cristiana, si riuniscono nelle famiglie unendo insieme genitori e figli. Con la sua Parola e i dieci comandamenti Dio illumina la nostra coscienza e ci indica la retta via da seguire. Lo fa come un Padre che ci ama e vuole il bene dei suoi figli e, quindi, in una relazione di amore e di fiducia.
Noi, purtroppo, dobbiamo riconoscere con sincera umiltà, che spesso non ascoltiamo Dio Padre e siamo peccatori.
Dio ce lo fa capire con il lamento rivolto al suo popolo: «Ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua» (Ger 2,13).
L’uso della droga, il seguire le passioni disordinate, il piegarsi agli idoli che sono falsi assoluti terreni e ingannevoli sostituti di Dio, ci tolgono la libertà interiore e non appagano il cuore. Teniamo presente, inoltre, che il peccato è castigo a se stesso: «La tua stessa malvagità ti castiga» (Ger 2,19; cfr. Rm 1,24). Non è Dio che ci castiga, siamo noi a farci del male.
Per uscire da questa situazione di degrado e di tristezza, la Quaresima ci offre in abbondanza la grazia della misericordia di Dio che ci chiama a conversione. «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15) sono le parole di Gesù che la Chiesa ci rivolge all’inizio della Quaresima. C’è in queste parole una forza di Dio stesso che va accolta per dare una svolta alla nostra vita, trovare il coraggio di mettere fine ad abitudini perverse, cambiare l’orizzonte dei nostri pensieri e dei nostri desideri, saper dire di no a seduzioni attraenti ma ingannatrici. Se accogliamo questa parola del Signore saremo più liberi e diventeremo più maturi. La grazia della conversione e della misericordia di Dio ci viene donata in modo particolare con il sacramento della Penitenza. Ne abbiamo tanto bisogno e dunque non priviamoci di questo dono. Vorrei pure incoraggiare la pratica della Via Crucis, che per le parrocchie, le aggregazioni laicali e i movimenti ecclesiali della città di Padova rappresenta un momento molto significativo. A livello di Chiesa universale viene proposta una giornata penitenziale il 13-14 marzo: “24 ore per il Signore”. Invito le parrocchie ad accoglierla.
2. Impegnati a edificare la civiltà dell’amore
Convertirsi a Dio vuol dire convertirsi all’amore di Dio e insieme del prossimo. La Quaresima ci sprona dunque a interrogarci sulla carità verso il prossimo e a crescere nella sua pratica. Noi abbiamo una grande potenzialità di amare, ma spesso il nostro è un amore ambiguo. Ricordiamoci che l’amore autentico è «riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo» (Rm 5,5) ed è per sua virtù che possiamo amare non «a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18).
L’amore del prossimo comporta la pratica rigorosa della giustizia e delle sue esigenze, per cui non pratica il comandamento della carità chi non è onesto negli affari. Dobbiamo decisamente opporci al diffuso fenomeno della corruzione. L’evasione fiscale è pure moralmente illecita. Per quanto sta in noi cerchiamo di evitare gli sprechi sia alimentari che di altro genere praticando uno stile di vita ispirato a criteri di sobrietà.
Ma occorre aggiungere che la giustizia da sola non è sufficiente per edificare una società buona. È necessaria la carità che non innalza muri, ma costruisce ponti di dialogo e di collaborazione.
L’amore sincero del prossimo, la solidarietà sarà sempre necessaria anche nella società più giusta, ammesso che essa esista. Infatti «ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto: sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo» (Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, II,28). Questo è tanto più vero nella situazione attuale in cui, da un lato, lo Stato sociale non dispone più di risorse come prima e, dall’altro, a causa della crisi economica, è aumentato il numero dei poveri.
Il Papa Francesco nel Messaggio per questa Quaresima ha proposto una riflessione sull’indifferenza. Vi invito a leggerlo e a farne applicazione.
Un atteggiamento da coltivare è quello di intessere delle buone relazioni con i vicini, facendo noi il primo passo. Viviamo a volte una situazione strana e paradossale: da un lato scegliamo l’individualismo e vogliamo la nostra privacy, dall’altro soffriamo la solitudine o coltiviamo solo relazioni “virtuali”. Vorrei invitare le parrocchie a promuovere le buone relazioni, a non lasciare sole le persone bisognose, specialmente anziane, a educare al senso della comunità e del bene comune, condividendo il bene che c’è tra noi e incrementandolo (cfr. Condividere il Bene che c’è tra noi. Progetti 2015 a cura dell’Ufficio diocesano di Pastorale della Missione).
Facciamo nostra una bella preghiera liturgica: «Rendici aperti e disponibili verso i fratelli che incontriamo nel nostro cammino, perché possiamo condividerne i dolori e le angosce, le gioie e le speranze, e progredire insieme sulla via della salvezza» (Prece eucaristica V B).
In una società che, a causa della globalizzazione, è diventata pluralistica sotto l’aspetto etnico e religioso, siamo chiamati al rispetto della dignità di ogni persona e a un’accoglienza generosa e saggia. Anche in questo caso, è di fondamentale importanza e convenienza superare il muro dell’indifferenza e della chiusura e intessere una buona comunicazione per edificare una convivenza solidale e pacifica. Lo metteva in luce già sant’Agostino nel quinto secolo osservando: «Quando infatti (gli uomini) non possono comunicare tra loro ciò che pensano, anche solo per la diversità della lingua, la grande somiglianza di natura non giova a nulla per far stare insieme gli uomini, tanto che un uomo sta più volentieri con il proprio cane che con una persona estranea» (S. Agostino, La città di Dio, XIX, 7). Ma sarebbe proprio questa una bella società? I Papi a cominciare da Paolo VI ci hanno sollecitato a edificare la “civiltà dell’amore”. È una sfida che noi cristiani e tutti gli uomini di buona volontà dovremmo accogliere, un ideale a cui tendere con coraggio. L’amore, non l’egoismo e la violenza, è il valore che unisce, risana i mali, riempie i cuori, unisce le persone, produce bellezza non effimera.
Usciamo dal nostro torpore, liberiamoci dai molti timori e dal nostro scetticismo e osiamo una Quaresima nuova.
Antonio, vescovo
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